Molto spesso si parla di “crisi” adolescenziale presupponendo che in questa fase evolutiva i ragazzi vivano una tale destabilizzazione da necessitare di interventi educativi tesi al cambiamento, ma nella mia esperienza professionale sono entrata maggiormente a contatto invece con genitori in crisi che, nel raccontare disavventure relazionali con i propri figli, mostravano un disorientamento rispetto a qualcosa di sconosciuto e una fatica a mantenere una centratura sui propri vissuti e risonanze emotive.
Di solito non si tiene abbastanza conto del fatto che l’adolescenza dei figli esige grandi trasformazioni anche nei genitori, oltre che una ricerca interna di questi ultimi per ritrovare il senso del proprio ruolo quando questo sembra essere stato minato nelle sue basi.
In una fase in cui per l’adolescente è necessario uscire dal mondo infantile nel quale i genitori erano il principale, se non l’unico, modello cui riferirsi appare necessario, per svolgere questa fondamentale e dolorosa azione spogliare i genitori della loro veste idealizzata. Prevale il bisogno di cogliere e sottolineare, in maniera “ruvida” e discontinua, le mancanze dei genitori e soprattutto le loro contraddizioni.
Non sono questi processi lineari e fluidi: si procede per continui tentativi con improvvisi richiami ad antichi bisogni infantili e rotture improvvise che destabilizzano il genitore.
In questa fase di solito, i genitori hanno un’età in cui si aspettano di iniziare a raccogliere ciò che hanno seminato e necessitano di ricevere riconoscimenti della loro riuscita e del loro valore proprio da quei figli cui hanno dedicato cure e attenzioni. Si scontrano spesso con un’immagine di figlio non più rispondente alle loro aspettative e fantasie, con “un alieno” che faticano a riconoscere nella sua peculiare diversità. E proprio nella fase in cui sembrano maggiormente bisognosi di riconoscimento ricevono rimandi critici, il più delle volte centrati, sebbene enfatizzati e severi. Critiche dirette al lato più umano del genitore, rispetto al quale ci si può sentire esposti.
Se è vero quindi che un adolescente normale, che sta vivendo il proprio normale processo di crescita, è una persona in crisi, è ugualmente vero che anche i suoi genitori lo sono.
La consulenza pedagogica può essere in tali situazioni un contesto di aiuto e sostegno per aiutare i genitori a reggere le onde d’urto interne ed esterne, non venendo meno ai loro compiti di genitori assolutamente indispensabili in questo periodo. È necessario infatti, che essi continuino a esserci, senza fuggire, senza annullare il loro ruolo con atteggiamenti seduttivi, di sottomissione o rifugio nell’autoritarismo, riscoprendo il valore del “gesto educativo” e della propria esperienza da trasmettere al figlio come bagaglio.
L’accompagnamento pedagogico può rappresentare per il genitore il riconoscimento della grande ricchezza e potenza che questa “crisi” può rappresentare per sé stesso, se riesce ad entrare in contatto con i propri vissuti profondi e con quelli del figlio, differenziandoli. Perché la famiglia possa diventare il “regno della polifonia” con il riconoscimento reciproco delle singole voci diverse.